Mi chiamo Andrea Maggiolo, sono nato nel 1982. Dopo la laurea in Comunicazione, cerco il mio posto nel mondo. Scrivo, lavoro sulle parole, con le parole. Credo che raccontare e ascoltare siano una gran bella cosa.
9 maggio 1978. Torino, quartiere Mirafiori sud. Luigi torna a casa, è quasi notte. Ha girato col suo furgoncino a fare consegne, come sempre, tutto il giorno. Accende la Tv. Il bianco e nero illumina la stanza. Il TG1 è ancora in onda. Strano, è già tardi. Luigi di politica non se ne intende più di tanto, vota comunista. Più che altro per abitudine. Ma lo sa bene quello che sta succedendo in quelle settimane. Le Brigate Rosse hanno rapito Aldo Moro, il paese è bloccato, sotto shock, inerme. Si siede su una sedia di legno, affonda i denti nel panino salame e formaggio che è la sua cena. Ascolta la voce lontana dell’annunciatore inquadrato a mezzo busto: hanno trovato il cadavere di Moro, nel bagagliaio di una Renault, a Roma. Non si stupisce. Inizia a domandarsi quello che può succedere da quel giorno in poi. Quello che cambierà. Tutto? Niente? Prova una fitta di dispiacere per la famiglia di Moro. La moglie, i figli. Poi di colpo squilla il telefono. Non lo chiama quasi mai nessuno a quell’ora. Abbassa il volume. Si alza per rispondere. È una voce lontana. Un amico che non sentiva da tempo. “Ti ricordi di Peppino?”. “Certo, Peppino”. Peppino Impastato, certo che se lo ricordava. Passavano le estati insieme, da bambini. Forse, alla lontana, erano anche cugini. Qualcosa del genere. Quella voce debole e distante scandisce le parole. “L’hanno ammazzato. Una bomba sui binari della ferrovia. Peppino non c’è più”. “Perchè l'hanno ammazzato?”. Era un giorno particolare, quel 9 maggio 1978. Uno di quei giorni in cui i sogni bruciano, bruciano, e spariscono. Erano gli Anni Settanta.
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lunedì 19 maggio 2008
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